Come cambierà il ristorante? Ecco una chiacchierata con Fabio Campoli, chef laziale e volto noto della tv. Fitta è la sua attività editoriale, con Prodigus.it, ClubAcademy.it e, in tutte le edicole, Facile con Gusto. Dal 2018 lo abbiamo trovato tutte le sere alla guida del Circolo dei Buongustai di Alice TV, ma sullo stesso canale anche con Rosanna Lambertucci a parlare tutti i giorni dei benefici degli alimenti a La salute vien mangiando. Molti lo conoscono anche per la sua presenza su TV2000 a Bel tempo si spera e, ogni domenica, su La5 per suggerimenti A Colazione.
Come è cambiato il concetto di ristorante in questo periodo?
Purtroppo il concetto di ristorante e di condivisione della tavola è cambiato rapidamente. Al momento siamo giunti ad una fase di stallo totale. Ci siamo trovati improvvisamente a dover fronteggiare una nuova realtà. Non ci sono “scappatoie” da un cambiamento epocale, per ora restrittivo e soffocante, che porterà tristemente ma inevitabilmente alla chiusura di tante aziende del settore Horeca ed esercizi commerciali. La conseguenza sarà la perdita di preziosi posti di lavoro. Ma è proprio in momenti storici come questo che l’importante è fare gruppo tra operatori. Non mi riferisco alla ricette, che erano al fulcro delle attenzioni in un vicino passato, ma alla condivisione delle idee, soluzioni, spunti nel nome di incentivare una nuova e vera e propria operatività. (Segue dopo la foto)
Mancano ancora molti giorni alla vera riapertura dei ristoranti. Dovremmo approfittare di questo tempo per anticipare il pensiero su usi, consumi e possibilità di spesa che svilupperà la clientela. La mia speranza, naturalmente, resta di poter tornare presto ciascuno alla sua normalità quotidiana. E chissà che non ci volteremo indietro verso il passato rendendoci conto di aver creato nelle difficoltà anche nuove tradizioni, fattore di sviluppo e ammodernamento del settore.
C’è chi ha chiuso, chi si è convertito al delivery e chi è diventato digitale. C’è anche chi si occupa di comunicazione (come te) e quindi ha visto aumentare moltissimo il lavoro…
Se non fosse per la vera crisi economica e finanziaria che dovremo affrontare, il periodo porta e porterà un fermento dell’ingegno fuori dal comune. Secondo il mio personale parere, il delivery è la strada giusta da percorrere, ma solo se si è davvero disposti a modificare la propria offerta in modo funzionale a questo tipo di servizio. Con questo mi riferisco al fatto che molti piatti sono di loro natura davvero appetibili solo se serviti al momento, come il risotto. Esiste però una fetta di mercato ancora inesplorata, con pietanze più semplici, ma non per questo meno buone. E soprattutto salutari. Basti pensare a tanti piatti unici già esistenti o tutti da inventare.
La digitalizzazione dei sistemi d’ordine è certamente un bene, perché permette ai clienti di assicurarsi il proprio “servizio di ristorazione a domicilio”e a chef e imprenditori di poter ottimizzare i propri costi. Si possono così infatti prevedere le quantità delle materie prime da acquistare senza spreco di denaro, spazi e ingredienti stessi. Si possono anche valutare meglio il personale effettivamente necessario e per quante ore al giorno. Tuttavia, questo “passo in avanti” non si presenta come una soluzione adatta a tutti. Le formule di ristorazione sono ormai talmente variegate che sarebbe sbagliato far di tutta l’erba un fascio. E poi ci vogliono tempi e mezzi (sia fisici che economici) per organizzarsi al meglio senza generare una distruttiva concorrenza basata sulla guerra dei prezzi. Questo non farebbe altro che rovinare un mercato e danneggiare le aziende. (Segue dopo la foto)
Per quanto riguarda gli aspetti comunicativi della cucina, dal mio canto, essendo titolare di un’azienda il cui lavoro è incentrato in gran parte sull’offerta di servizi di promozione e di produzione di contenuti di supporto al marketing e all’editoria (classica e digitale), devo dire che questa si è confermata ancora una volta una buona scelta imprenditoriale. Scelta che certamente incontra le sue difficoltà come ogni realtà in questo momento, ma il lavoro non si è fermato. Abbiamo aziende che ci contattano giornalmente per richiederci assistenza nello sviluppo, soprattutto di format video, per intrattenere chi sta trascorrendo più tempo in casa. Il tema della cucina è sempre appetibile.
Come sarà, secondo te, il ristorante ideale post covid? Location / Servizio / Prezzo
Alla luce dei fatti (e dei dati sui contagi) odierni, sarà necessario applicare una nuova “politica”, proprio nel senso della radice del termine, ovvero nell’ottica di una “polis” gestita adeguatamente per amministrare il bene di “tutti” e non di “pochi”. Un’azienda di ristorazione per ripartire dovrà ricalcare nella sua offerta e nel modus operandi le reali nuove potenzialità, anche se “al ribasso”. Le location dovranno rivalutare tutto potendo garantire un numero di coperti diverso dal passato. Per questo occorrerà flessibilità e ricontrattazione da parte di chi affitta spazi (le mura, ma anche il suolo pubblico). Anche da parte di chi fornisce i servizi legati ai costi fissi di un’attività, “vecchi” (come i consumi energetici) ma anche “nuovi”. Per nuovi intendo mascherine, guanti e materiali monouso per il confezionamento degli alimenti da asporto/delivery che saranno parte di una nuova consistente spesa per i ristoratori.
L’argomento “costi del personale” è delicato. Urge un intervento governativo. Ma anche un ripensamento degli orari di lavoro da parte dei datori, riportando i dipendenti verso un “tempo netto” e non più un “tempo lordo” di lavoro, che nella ristorazione fino a poco tempo fa poteva contemplare concretamente anche ben oltre 10 ore di lavoro al giorno. Per concludere, l’adeguamento dell’offerta gastronomica e del suo prezzo passa per la concretezza, attraverso menu che saranno probabilmente meno variegati, ma proprio per questo dovranno riuscire a garantire migliori tempistiche di servizio e migliore qualità.
Quanto il riso potrà essere ancora proposto al ristorante, con questi cambiamenti? Risotto delivery? Risotto per pochi coperti?
Tutto volge ad un cambiamento veloce. Penso al semplice caffè al bar, che in passato non sarebbe mai stato accettato servito in materiali monouso ecologici: saranno ora gli stessi consumatori a pretenderlo. Così come un servizio a tavola fatto di tovagliette di carta e posate sterilizzate fornite in buste termosigillate: ora sarà estremamente gradito! E per portare il paragone verso il mondo del riso, le industrie che lo lavorano al meglio propongono già da diversi anni un prodotto dal “contenuto tecnologico” importante, ma molti ristoratori (vuoi per abitudine, per un maggior rispetto delle tradizioni o per la massima cura del cliente) sono sempre rimasti “puristi”, nel senso di fedeli ai prodotti meno lavorati. (Segue dopo il video)
Da questo momento in poi diverrà più opportuno utilizzarli, unitamente a tecniche culinarie che prevedano un trattamento differente del riso, per dar luogo a nuovi piatti e consistenze, non per questo meno buoni. Anzi: tanti spunti vengono forniti anche dalle modalità d’uso del riso in altre culture del mondo, per le quali il riso è alimento basilare e quotidiano nella propria dieta. Come mi piace sempre dire, “è solo nel perdersi che si scoprono nuove strade”!
Tanti chef si sono spostati online in questo periodo. Che ne sarà di blogger e influencer?
Penso che anche riguardo alla distinzione tra professionisti della vera cucina e professionisti della comunicazione sul web (solo “travestiti” da cuochi) ci sarà una piccola grande rivoluzione. Ciascuno pian piano riconquisterà il posto che merita e probabilmente non vedremo più chiunque diventare chef, come anche food writer o fotografo del cibo. Riguardo all’argomento Influencer, come mi direbbe la mia cara nonna: “Nipote mio, ma che lavoro è fare l’influencer?”. A buon intenditor poche parole! Autore: Giulia Varetti
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