L’agricoltura convenzionale, anche nella risicoltura, consiste in una pratica intensiva, che fa uso di prodotti chimici ai sensi di legge (fertilizzanti, agrofarmaci, erbicidi ecc…) e che utilizza tecniche di coltivazione tradizionali. Ha un elevato consumo energetico e cerca il massimo sfruttamento del terreno per avere massima produttività.
Il concetto di agricoltura sostenibile si basa su cinque principi fondamentali, in ottica sia ambientale che sociale. Il primo è aumentare la produttività e l’occupazione, garantendo rifornimenti ma riducendo i consumi di acqua ed energia. Segue proteggere e migliorare le risorse naturali, favorendo la conservazione dell’ambiente e degli habitat ed ecosistemi, riducendo in parallelo l’inquinamento. Il terzo è il miglioramento e la crescita economica inclusiva. Il quarto è creare modelli produttivi (che contino anche i prezzi) che integrino persone, comunità ed ecosistemi. L’ultimo è assicurare una cornice legale idonea, un equilibrio e una trasparenza.
Le definizioni di riso biologico e biodinamico
Il riso ottenuto da agricoltura biologica è detto riso biologico, anche se non esistono veri marchi che lo identifichino. Ciò che lo differenzia maggiormente dal riso prodotto in agricoltura convenzionale è la tecnica di coltivazione. Non vengono infatti utilizzati prodotti chimici e ciò comporta produzioni minori. Ma si può fare, facendo interagire il più possibile tipologia di terreno, disponibilità idrica e fertilità naturale. Si scelgono quindi le varietà di riso più adatte, utilizzando macchinari per il controllo meccanico degli infestanti e applicando le rotazioni con colture che arricchiscano di sostanza organica il terreno.
Tra le tecniche più adottate abbiamo il trapianto e la pacciamatura. La pacciamatura verde, in particolare, consiste nella semina invernale di colture come veccia o loietto, poi sfalciate o schiacciate prima della semina del riso, in modo da creare un vero letto verde per i semi. Esistono anche film biodegradabili a base di mais o patata, che vengono stesi sul terreno e perforati per la semina. Non esistono marchi, ma la coltivazione biologica viene certificata con ispezioni durante l’intera produzione e viene identificata sulla confezione dall’apposito logo europeo.
Il riso biodinamico proviene da un’agricoltura a ciclo chiuso, che impiega solo sostanze organiche autoprodotte. L’agricoltura macrobiotica, infine, adotta tecniche di agricoltura biologica di equilibrio tra natura e uomo, anche grazie alla coltivazione di varietà antiche.
Agricoltura integrata e a residuo zero
Una via di mezzo tra l’agricoltura convenzionale e quella biologica è la cosiddetta agricoltura integrata: qui è previsto l’utilizzo di un numero limitato di prodotti chimici. In generale, anche quando l’agricoltura fa ricorso alla chimica, con fertilizzanti, erbicidi e antiparassitari, il riso non deve poi contenere residui chimici oltre certi limiti di legge. Quando viene riportata la dicitura “a residuo zero” significa che il riso è esente da qualsiasi traccia di prodotti fitosanitari e il tutto è certificato da analisi multi residuali fatte sul singolo lotto.
Marchi territoriali DOP e IGP
I marchi DOP e IGP si applicano ai prodotti agricoli e alimentari, secondo le caratteristiche disciplinate dal Regolamento UE 1151/2012. L’obiettivo di questi marchi è tutelare produzioni tradizionali monitorandone autenticità, qualità, tracciabilità e trasparenza. Il marchio DOP, Denominazione di Origine Protetta, si differenzaia da IGP, Indicazione Geografica Protetta, per un passaggio fondamentale: nella DOP tutte le fasi di produzione avvengono in un’area geografica definita, nell’IGP almeno una. Entrambi i marchi identificano quindi un particolare ambiente geografico che porta al prodotto caratteristiche ben riconoscibili.
La DOP Riso di Baraggia Biellese e Vercellese è l’unica DOP italiana del riso. Si colloca in Baraggia, nella zona piemontese di confine tra le province di Biella e Vercelli, ai piedi del Monte Rosa. Tutto il riso marchiato DOP è coltivato, lavorato e confezionato in Baraggia, con tracciabilità del prodotto al 100%. Le sette varietà che rientrano nella DOP sono Balilla (riso Tondo), Carnaroli, Arborio, Baldo e Sant’Andrea (riso Lungo A da risotto), Loto (tipo Ribe, Lungo A da parboiled) e Gladio (riso Lungo B).
Le due IGP sono Riso Nano Vialone Veronese IGP e IGP Riso del Delta del Po. La prima identifica il riso Vialone Nano coltivato nella pianura veronese, riguarda quindi una singola varietà e ne garantisce la tracciabilità. Il disciplinare prevede comunque che tutte le fasi di produzione avvengano nell’area geografica, quindi questa IGP si comporta come una DOP. La IGP Delta del Po si estende tra Veneto ed Emilia Romagna, tra le province di Rovigo e Ferrara. Qui la caratteristica geografica unica è quella di terreni permanentemente semi-sommersi, al di sotto del livello del mare, in cui avviene la coltivazione del riso. 9000 ettari di risaia, in suolo fertile e ricco di minerali, producono Carnaroli, Baldo, Arborio e Volano, con tracciabilità della produzione e autenticità della varietà.
Marchio Riso Italiano
Esiste anche un marchio, registrato dall’Ente Nazionale Risi, che si chiama Riso Italiano e che è identificabile con tre chicchi stilizzati, uno verde, uno bianco e uno rosso. Questo marchio non è presente sulle confezioni di DOP e IGP, ma su tutte le altre confezioni di riso di provenienza nazionale e su quelle dei prodotti derivati. Solo con questo marchio si ha garanzia di italianità della materia prima. Autore: Giulia Varetti
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