Daniel Canzian ha estro e tecnica del pittore. I suoi risotti sono letteralmente dipinti con le spezie e gli ingredienti che lo chef veneto, in realtà, utilizza con grande parsimonia. «Ma ognuna delle mie ricette – ci dichiara orgoglioso – nasce per essere replicabile in casa e perchè al termine si possa gustare ogni ingrediente, senza che il sapore dell’uno prevalga sull’altro».
Un ristorante gourmet in Brera
Lo chef di via Castelfidardo a Milano (zona Brera) pratica la cucina italiana contemporanea senza contaminazioni, anche se lui stesso reinterpreta piatti di altri chef («se siamo qui è perchè altri ci hanno spianato la strada»), ma in modo semplice, come nel caso dei suoi risotti; e propone menu degustazione dai prezzi accessibili, Dipinge, appunto, e infatti una delle proposte propone piatti che riproducono le opere artistiche esposte al Moma. La tela del riso è la sua proposta più gettonata: il riso è un piatto raffinato, ma, spiega, bisogna capire innanzi tutto che solo da noi è un primo piatto e non un contorno, il che ha permesso di maturare tecniche tutte sue, come la mantecatura.
Uno stile fresco e semplice
Daniel crea risotti freschi e semplici, usa il burro acido come i francesi per abbassare la quantità di parmigiano e ottenere un risotto più libero e neutro, che esalti il sapore degli altri ingredienti. Tutte queste cose le insegna nei suoi corsi di cucina, durante i quali illustra anche piccoli segreti sul risotto, come quello che apprenderete in questo video.
La mantecatura secondo Daniel
Questo è ciò che pensa lo chef della mantecatura: «Se si è convenuto di ribattezzare “cucina creativa”, quella che un tempo era semplicemente “nuova” non è perché essa sia contraddistinta da una sequela d’invenzioni estemporanee, bensì perché fornisce un metodo di lavoro anziché una raccolta di ricette preconfezionate. Non a caso, un tipico procedimento della cucina creativa è quello d’interpolare la tradizione e l’innovazione, innestando delle tecniche proprie dell’alta cucina nei gesti e nei sapori della tradizione rustica.
Talvolta, il processo di reinterpretazione somiglia a un intervento di restauro: non di rado, infatti, la tradizione ci tramanda consuetudini che, a fronte dell’affinamento delle tecniche e dei gusti, ci appaiono espedienti approssimativi, tipici della cucina naïve.
Il compromesso
Il risotto ne è un esempio significativo. Nel suo classico procedimento di preparazione, la fase iniziale costituisce sempre una soluzione di compromesso. A rigore, è infatti impossibile stufare la cipolla e rosolare contemporaneamente il riso. Fatalmente, l’uno dev’essere sacrificato alle esigenze dell’altro: per mantenere la cipolla bianca, il riso potrà soltanto stufare; se volessimo rosolarlo a dovere, allora la cipolla prenderebbe colore, assumendo di conseguenza un gusto tostato e greve.
Il riso viene fatto rosolare direttamente nel burro, portato a temperatura conveniente. In seguito, si bagna con un mestolo di brodo bollente e, fatto asciugare il liquido, si raggiunge dell’altro brodo proseguendo la cottura come prescrive la tradizione.
Il posto della cipolla
Frattanto, la cipolla viene cucinata a parte: in una casseruola si fa sudare in pochissimo burro, si bagna con vino bianco e si lascia sfumare il liquido sul fuoco. Alla fine s’incorporano dei fiocchetti di burro ben freddo, emulsionando con la frusta sino ad ottenere una crema omogenea. Volendo accentuare il grado di acidità, si potrà aggiungere alla fine un goccio d’aceto. E’ ciò che in gergo gastronomico si chiama “burro bianco (o burro nantese)”. Normalmente s’adopera come salsa d’accompagnamento per pesci e verdure. Nulla vieta di adoperarlo per mantecare il risotto: quando però questo è giunto a cottura, a fiamma spenta s’incorpora il burro emulsionato e – quando la ricetta lo richieda – il parmigiano grattugiato.
Il ruolo del burro
Il burro bianco conferisce al riso la morbidezza di una classica mantecatura e gli restituisce l’aromatico contributo di una cipolla stufata finalmente a dovere. Il vino aggiunto alla fine fornisce al riso un carattere più spiccato, assicurandogli un supporto d’acidità che esalta i sapori e i profumi del piatto».