Si fa chiarezza sui grani gessati. Sono quei chicchi di riso “difettosi” perché, essendo prevalentemente farinosi, non tengono la cottura come gli altri. Recentemente, la Commissione europea ha chiesto all’Italia di allineare la definizione di grano gessato riportata nel decreto legislativo 4 agosto 2017, n.131, a quanto previsto nella normativa dell’Unione europea, e il nostro governo ha provveduto a modificare tale definizione prevedendo un’eccezione per le varietà a perla estesa. Come ci spiegano all’Ente Risi, infatti, nell’allegato 1 del DLgs n.131 era riportata una definizione di “grano gessato” identica a quella riportata nella Norma Internazionale ISO 7301: “grano o rottura di riso non parboiled, fatta eccezione per il riso ceroso, la cui intera superficie ha aspetto opaco e farinoso”. Questa definizione mal si adatta, tuttavia, alle varietà italiane (spesso con granelli con perlatura che non compromettono la cottura e comunque costituiscono una caratteristica del nostro riso), per cui si è resa necessaria una modifica con il recente DM 14/03/18, che recita, per la definizione di “gessati” quei grani di cui almeno i tre quarti della superficie presentano un aspetto opaco e farinoso. Sul piano strettamente tecnico, tuttavia, in relazione alla definizione di “grani gessati” riportata nell’allegato E) del DM 10 ottobre 2017 – Denominazione delle varietà di risone e delle corrispondenti varietà di riso per l’annata agraria 2017-2018, attualmente in vigore ed applicato per le analisi di laboratorio, risulta che per i risi di produzione estera sono gessati i grani di cui almeno i tre quarti della superficie presentano un aspetto opaco e farinoso, mentre per i risi di produzione italiana sono gessate le granelle che presentano opaco e farinoso oltre il 40% della loro superficie per le varietà a perla assente, oltre il 70% della superficie per le varietà a perla poco estesa e oltre il 90% della loro superficie per le varietà a perla estesa. Non bisogna dimenticare che la presenza di grani gessati influenza tenuta in cottura ma è importante dire che tale influenza è proporzionale alla percentuale dei medesimi nella confezione e che la legge italiana consente un massimo di grani gessati del 4,5% . Facendo un raffronto estremo tra un riso con zero di gessato e uno con il 4,5%, osservano i tecnici dell’Ente Risi, si percepisce una «lieve disomogeneità in cottura», dovuta al fatto che i grani gessati tendono a cuocere ad un tempo inferiore di quelli non gessati. Nella realtà pratica, dove i risi di produzione italiana presentano normalmente qualche punto percentuale di gessato, le differenze in tenuta in cottura risultano poco rilevabili.