Le prime notizie sul consumo di riso in Italia risalgono al XIII secolo, quando i monaci cistercensi dell’Abbazia di Lucedio, nel Vercellese, iniziarono a coltivarlo per arrivare a una produzione consistente due secoli dopo. In quei secoli non si mangiava però il risotto, ma riso bollito e zuppe con anche altri cereali. Il passaggio da minestra a risotto è graduale, passando per la tradizione spagnola della paella in Lombardia e per l’influenza araba della cottura Pilaf. Siamo intorno al XVII secolo.
Tanti modi di fare il risotto
La ricetta del risotto si è evoluta nel tempo, seguendo le linee guida di alcuni chef importanti, ma anche seguendo il gusto personale: procedure diverse danno, infatti, risultati finali diversi. Il primo dibattito è, per esempio, quello sul soffritto. Secondo la tradizione come primo passaggio si deve soffriggere la cipolla nel burro, ma già Gualtiero Marchesi negli anni Ottanta eliminò la cipolla, tostando direttamente il riso nel burro. Gli chef dei nostri tempi, a partire da Davide Oldani, addirittura eliminano il burro e tostano il riso a secco.
Altro dibattito è quello sulla sfumatura con il vino: secondo la tradizione deve avvenire dopo la tostatura, ma molti chef attuali preferiscono evitarla per non alterare il sapore del riso. Così come c’è chi sceglie di utilizzare acqua calda al posto del brodo, per lasciare inalterati i sapori degli ingredienti principali. Il dibattito continua anche sulla mantecatura, che secondo la tradizione deve essere fatta a fuoco spento con burro e Parmigiano: scegliendo la giusta varietà di riso con alto rilascio di amilosio, la mantecatura può essere “naturale”, senza queste aggiunte.
Quale varietà scegliere per il risotto?
In generale, i risi da risotto sono quelli inseriti nella categoria Lungo A: hanno il chicco lungo e ovale e mantengono maggiormente la cottura rilasciando la giusta quantità di amido per rendere il riso cremoso. Tra i risi da risotto, il più celebre tra gli chef è il Carnaroli, il più famoso all’estero è l’Arborio, mentre nelle cucine di famiglia la tradizione vuole Roma, Baldo e Sant’Andrea. Tra quelli a chicco medio, solitamente non consigliati per il risotto, l’eccezione è il famoso Vialone Nano.
Bisogna lavare il riso?
Fino alla metà del secolo scorso c’era l’abitudine di lavare il riso prima di preparare il risotto e, in generale, di cucinarlo. La ragione era una “polvere” bianca lasciata sul chicco dalla lavorazione e da tecniche di brillatura (lucidatura con glucosio) che oggi non si praticano più. Oggi non è più necessario lavare il riso, quindi, a meno che non si scelgano particolari metodi di cottura che prevedano questo passaggio. Inoltre, in generale, lavare il riso toglie ai chicchi parte dei valori nutrizionali, quindi è sconsigliato.
Quali utensili scegliere?
Gli utensili necessari per preparare il risotto sono due: una casseruola e un cucchiaio di legno. La casseruola deve essere medio-larga e a bordo basso, con i manici. La larghezza è importante perché la cottura sia omogenea. Meglio scegliere una casseruola di rame, in modo che il calore in cottura di distribuisca in modo più uniforme. I manici sono importanti per i movimenti da fare in fase di mantecatura. Il cucchiaio di legno consente di mescolare senza rompere i chicchi: l’ideale per il risotto è il cucchiaio con il foro in centro.
Il brodo
Per fare un ottimo brodo ci serve una base di verdura. Solitamente la base viene fatta con scalogno, carota e sedano, ma nulla vieta di aggiungere altre verdure a piacere. Per sprigionare al meglio i sapori, rosoliamo le verdure nella pentola con un filo d’olio e poi aggiungiamo acqua fredda (bene anche ghiacciata) in modo da creare uno shock termico. Portiamo a ebollizione, lasciamo cuocere a fuoco lento per circa due ore e filtriamo con un colino. Il brodo di verdure si può utilizzare ben caldo per la cottura del risotto oppure congelare a cubetti per essere utilizzato al bisogno.
La preparazione del brodo di carne è simile. Scegliamo un taglio magro di maiale, un taglio grasso di manzo, una parte di pollo (per i puristi, meglio il cappone), compresi di ossa e parti collagenose, e aggiungiamole alle stesse verdure, rosolando il tutto a fiamma alta. Aggiungiamo acqua fredda e lasciamo cuocere a fiamma bassa per almeno tre ore. Durante la cottura, è importante schiumare le impurità che il brodo riporta in superficie, per eliminarne la parte grassa e leggermente amara. Anche in questo caso, il brodo va filtrato.
Il brodo di pesce, fumetto o bisque di crostacei, viene fatto con tutte le parti di scarto: teste, lische, code, carapaci. Facendo tostare le verdure in olio, si aggiungono gli scarti spezzati grossolanamente con il coltello. Si versa quindi acqua gelata, si lascia cuocere a fuoco moderato per un paio d’ore e si filtra con un colino a maglie strette facendo molta attenzione.
La tostatura
La tostatura è un passaggio fondamentale del risotto, poiché consente al riso di migliorare la tenuta di cottura. Il contatto con la superficie calda della casseruola (se tostiamo a secco) e con i grassi aggiunti (solitamente burro) aiuta il chicco a chiudere i pori e le microfratture di lavorazione. Se tostiamo a secco, tocchiamo con il dorso della mano il riso: siamo pronti quando sentiamo che è ben caldo. Se tostiamo con base grassa (ed eventualmente soffritto di cipolla), sentiremo uno sfrigolare ben evidente. Se decidiamo di sfumare con il vino, è questo il momento in cui versarlo.
La cottura
La cottura del risotto avviene con il brodo che abbiamo preparato precedentemente e che deve essere sempre bollente. Direttamente dopo la tostatura o dopo la sfumatura, aggiungiamo il brodo gradualmente, a mestoli. Quando si sta per asciugare, senza che mai smetta di bollire, aggiungiamo un nuovo mestolo, mescolando, E continuiamo così fino a fine cottura. Se nel nostro risotto non vogliamo utilizzare il brodo, ma acqua bollente, per non aggiungere sapori, il procedimento di cottura resta esattamente lo stesso. In funzione della ricetta che stiamo preparando, i vari ingredienti possono essere aggiunti in diversi momenti in base ai tempi di cottura.
Come mescolare il risotto
Mescolare è fondamentale, per la preparazione di un risotto. Sono consigliati due movimenti consecutivi: un cerchio e un otto, alternati. Senza mai smettere, per circa 15-20 minuti.
La mantecatura
La mantecatura avviene rigorosamente a fuoco spento. Consiste nell’aggiunta di grassi che rendono cremoso il risotto: solitamente burro e parmigiano o grana grattugiato. L’ideale è non mescolare con un cucchiaio, ma impugnando la casseruola dai manici e facendo un movimento “avanti-indietro” per creare la famosa “onda”. Utilizzando varietà come Carnaroli e Vialone Nano, che rilasciano buone quantità di amilosio, la mantecatura può essere naturale, senza l’aggiunta di grassi e formaggi. Dopo la mantecatura, lasciamo riposare con un coperchio qualche minuto e siamo pronti per impiattare.
L’impiattamento
Il risotto, quando è fatto a regola d’arte, prende la forma del piatto. Si consiglia un piatto fondo, anche a tesa larga. Se vogliamo utilizzare il piatto piano, dobbiamo servire il risotto con un mestolo esattamente al centro e appiattirlo con movimenti delicati del piatto o, secondo alcuni, con colpetti dati con la mano sotto al piatto stesso. La compattezza del risotto consente di appoggiarvi sopra, a decorazione, diversi ingredienti di varie consistenze, creando vere e proprie opere d’arte.
Le tempistiche
La cottura di un risotto varia solitamente dai 15 ai 20 minuti, senza calcolare il tempo di preparazione del brodo e degli altri ingredienti. Le diverse varietà di riso hanno differenti tempi di cottura. Se vogliamo un riso al dente dobbiamo rispettare il tempo di cottura del riso da quando iniziamo ad aggiungere il brodo. I tempi risentono inoltre della quantità e qualità del condimento e degli altri ingredienti della ricetta. Autore: Giulia Varetti
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