IL RISOTTO VA IN MONTAGNA

Chiudiamo un attimo gli occhi e immaginiamo di essere in montagna, per una di quelle gite fuoriporta che in questo periodo non si devono né possono fare (#iorestoacasa). Tra prati e sentieri, cieli blu e animali al pascolo, entriamo nell’affascinante mondo della produzione del formaggio italiano di montagna. Ed ecco che tutto questo entra nella ricetta del risotto alla valdostana.

Il risotto alla valdostana

Il risotto alla valdostana ha due protagonisti, insieme al riso: il burro di montagna e la fontina. Si parte proprio tagliando la fontina in cubetti piccoli o addirittura sbriciolandola. La preparazione del risotto poi è quella classica: per chi preferisce la base di soffritto si parte tritando finemente la cipolla e soffriggendola in poco burro o olio. Chi non ama la base di soffritto potrà invece tostare a secco il riso, per un minuto circa, finché non sarà caldo in superficie. Si passa quindi alla sfumatura a fiamma alta con il vino (meglio se bianco, per non alterare il colore finale del risotto) per poi aggiungere gradualmente un mestolo di brodo bollente. Una volta tolto il risotto dal fuoco, a fine cottura del riso, si uniscono burro e fontina sbriciolata, si copre con il coperchio e si lascia riposare per qualche minuto.(Segue dopo la foto)

Il risotto alla Valdostana
Il risotto alla Valdostana

In qualunque risotto al formaggio, ricordiamo che il formaggio va aggiunto solo in fase di mantecatura. Normalmente, il riso più utilizzato per la preparazione del risotto è il Carnaroli, che è considerato il re dei risi da risotto. Ci sono anche altre varietà, sempre della famiglia dei Superfini, che si prestano alla ricetta mantenendo il rapporto tra cremosità e chicchi al dente (come l’Arborio e il Roma) o altre varietà come il Vialone Nano o il Sant’Andrea.

La Fontina

L’unica zona di produzione della Fontina è la Valle d’Aosta. Si tratta infatti di un formaggio DOP, a denominazione di origine protetta, protetto da un consorzio di tutela. Il consorzio Produttori e Tutela è citato anche nella marchiatura delle forme conformi al disciplinare e la DOP è riconosciuta dal 1996. Il latte viene raccolto ogni giorno, il formaggio prodotto ad ogni mungitura e stagionato almeno tre mesi prima della commercializzazione. Il nome, che ha il suo corrispondente francese Fontine, deriva, secondo due teorie, dal villaggio Fontinaz o dall’alpeggio Fontin. Esiste anche una probabile radice francese del nome che fa riferimento alla capacità fondente del formaggio. (Segue dopo la foto)

L'affresco con la fontina nel Castello di Issogne
L’affresco con la fontina nel Castello di Issogne

Un medico vercellese della fine del Quattrocento, in una pubblicazione che elencava tutti i latticini conosciuti, cita la fontina. Negli stessi anni, il formaggio valdostano viene raffigurato in un affresco del Castello di Issogne. Sono gli stessi anni in cui viene citato, in un documento del Ducato di Milano, il riso. Entrambi compaiono in Italia almeno due secoli prima, ma proprio in quel periodo diventano diffusi. E allora vanno per forza uniti, per esempio in un risotto alla fonduta valdostana. Autore: Giulia Varetti

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