Quanto il risotto è protagonista della poesia e della letteratura italiana? Molto. Siamo nel 1905 quando Giovanni Pascoli, uno dei pilastri della letteratura italiana, scrive una poesia che è una ricetta, ma al tempo stesso un’ode al risotto. Nel 1930 la stessa ricetta viene pubblicata su La cucina italiana, dove in prima pagina ogni mese si trovavano ricette in forma di poesia, firmate da illustri poeti del periodo.
Il risotto alla Milanese in versi
Esiste una fitta corrispondenza, all’inizio del Novecento, tra Giovanni Pascoli e l’amico Augusto Guido Bianchi, cronista milanese del Corriere della Sera. Bianchi aveva scritto in poesia a Pascoli questa ricetta del risotto alla Milanese:
Occorre di carbone un vivo fuoco;
la casseruola; cento grammi buoni
di burro e di cipolla qualche poco.
Quando il burro rosseggia, allor vi poni
il riso crudo; quanto ne vorrei
e mentre tosta l’aglio e scomponi.
Del brodo occorre poi: ma caldo assai;
messine un po’ per volta, che bollire deve continuo, né asciugarsi mai.
Nel tutto, sulla fine, diluire
di zafferano un poco tu farai
perché in giallo lo abbia a colorire.
Il brodo tu graduare ben saprai, perché denso sia il riso, allor che è cotto.
Di grattugiato ce ne vuole assai.
Così avrai di Milan pronto il risotto.
Il risotto di Pascoli in versi
La risposta di Giovanni Pascoli è prima di tutto una critica all’uso ai verbi al tempo futuro. Ma soprattutto è un’altra ricetta di risotto in poesia. Un risotto sempre con zafferano, ma arricchito di funghi, fegatini e passata di pomodoro. Questo, che è anche detto “risotto romagnolesco”, è quindi un risotto ai fegatini, tipico della tradizione contadina. Glielo cucinava, lui dice, la sorella Maria, detta Mariù.
Amico, ho letto il tuo risotto in …ai!
E’ buono assai, soltanto un po’ futuro,
con quei tuoi “tu farai, vorrai, saprai”!
Questo, del mio paese, è più sicuro
perché presente. Ella ha tritato un poco
di cipolline in un tegame puro.
V’ha messo il burro del color di croco
e zafferano (è di Milano!): a lungo
quindi ha lasciato il suo cibrèo sul fuoco.
Tu mi dirai: “Burro e cipolle?”. Aggiungo
che v’era ancora qualche fegatino
di pollo, qualche buzzo, qualche fungo.
Che buon odor veniva dal camino!
Io già sentiva un poco di ristoro,
dopo il mio greco, dopo il mio latino!
Poi v’ha spremuto qualche pomodoro;
ha lasciato covare chiotto chiotto
in fin c’ha preso un chiaro color d’oro.
Soltanto allora ella v’ha dentro cotto
Il riso crudo, come dici tu.
Già suona mezzogiorno…ecco il risotto
romagnolesco che mi fa Mariù.
Ben diverso dall’atmosfera letteraria cui siamo abituati, il risotto di Pascoli in poesia ci ha deliziato con una ricetta davvero poetica! Autore: Giulia Varetti