Si legge spesso “riso lavorato a pietra”, ma il riso italiano come viene realmente lavorato nelle grandi riserie italiane? L’abbiamo chiesto a Alessandro Irico, responsabile Qualità di Riso Scotti, il quale ci spiega: «L’evoluzione della tecnologia ha permesso di arrivare a macchinari con prestazioni molto più performanti grazie a regimi di rotazione molto elevati e sistemi di aspirazione estremamente efficienti. Le elevate velocità di rotazione hanno comunque il limite di sottoporre il prodotto ad un aumento di temperatura dovuto all’attrito generato dal processo. Se i passaggi nelle sbiancatrici vengono ripetuti, l’aumento di temperatura è esponenziale ed in alcuni casi può sottoporre il prodotto a fenomeni di ossidazione che lo impoveriscono dal punto di vista gustativo. Ciò avviene in modo più evidente lavorando le varietà caratterizzate da granelli dalle dimensioni (in particolare il diametro) molto importanti; si parla quindi dei cosiddetti “risi per risotto“. Per preservare al massimo le proprietà organolettiche delle varietà più sensibili, Riso Scotti abbina il sistema tradizionale (“a pietra”) alle tecnologie più moderne, al fine di ottenere un livello qualitativo di eccellenza.
In termini di qualità percepita dal consumatore, l’impiego di sbiancatrici “a pietra” permette di arrivare al grado di lavorazione ottimale senza intaccare le proprietà organolettiche del riso, ottenendo la massima resa in cottura sia in termini nutrizionali che a livello di capacità di assorbire i condimenti, caratteristica fondamentale per un riso da risotto». Autore: Martina Fasani