Il riso invecchiato è la moda del momento. Ecco cosa ne pensa Massimo Biloni, Presidente dell’Associazione Strada del riso vercellese di qualità, agronomo e fondatore del centro ricerche IRES: «Stiamo parlando di un processo di ossidazione che avviene a carico del riso vestito, ovvero il risone, in un magazzino. Il riso invecchiato tende a diventare più consistente e meno colloso. Il risultato finale dovrebbe essere una maggior tenuta di cottura».
Quindi invecchiando il riso migliora?
«La risposta purtroppo non è nè sì nè no, ma dipende».
Parliamo di varietà, quali si prestano meglio al processo d’invecchiamento?
«Come nel vino, alcune varietà si possono invecchiare altre no. In generale si possono invecchiare le varietà a contenuto alto di amilosio. Tra le più famose varietà con queste caratteristiche vi sono Carnaroli e Vialone Nano. Gli studi fatti finora non hanno trovato grossi miglioramenti in varietà ad amilosio basso come Arborio, Baldo, Roma, S.Andrea o Originario».
Temperatura?
«Il processo di ossidazione nel magazzino richiede una certa temperatura. Se il risone è posto in una cella frigo-conservata l’invecchiamento non può avvenire. Dopo un anno il riso risulterà più vecchio ma non invecchiato nel senso ossidativo del termine. Lo stesso si può dire per il risone conservato in magazzini con atmosfera modificata. Lo dice la parola stessa: ossidazione. Non può avvenire se non c’è ossigeno. Se il risone è conservato un un magazzino riempito di anidride carbonica per eliminare gli insetti, l’invecchiamento non può avvenire».
Come viene lavorato poi?
«La lavorazione in riseria deve essere realizzata con cura in maniera da non danneggiare e perdere le caratteristiche acquisite con l’invecchiamento in magazzino. Anche l’assenza di difetti è importante. Dopo tanto lavoro per rendere il chicco più consistente sarebbe errato non eliminare rotture ed altri difetti che riducono la tenuta di cottura». Autore: Martina Fasani